Non abbiamo tutti la stessa capacità di spesa e proprio per questo motivo le nostre abitudini di acquisto non sono tutte uniformi. Da questo possiamo capire come considerare l’aumento generalizzato dei prezzi senza analizzare le varie categorie di spesa non possa fornire un quadro esaustivo dei diversi effetti sul reddito. Per sapere quale sarà infatti l’effetto reale dell’aumento dei prezzi su determinate categorie di persone bisogna prendere in considerazione due elementi fondamentali: il reddito e, soprattutto, quel paniere di beni e di servizi all’interno del quale viene valutato un catalogo di spesa. Nel definire il paniere, ci spiega l’Istat, si tiene conto dei beni di uso quotidiano (alimentari, giornali, benzina), dei beni durevoli (abbigliamento, elettrodomestici) e anche dei servizi (salute, assicurazioni, cura della persona). Infine, le abitudini di spesa medie dei vari gruppi di reddito determinano il peso da attribuire ai diversi beni e servizi per quella specifica categoria.
L’impatto dell’inflazione dipende dalle abitudini di spesa
Va sottolineato come l’impatto della crescita dei prezzi al consumo sul reddito dipenda dalle abitudini di spesa di ognuno di noi. Ma come fare a calcolarlo? L’Istat dal 2013 diffonde ogni sei mesi le proprie analisi basate sull’indice IPCA italiano – l’indice armonizzato dei prezzi al consumo per i Paesi dell’Unione europea- suddividendo le famiglie in base al livello della loro spesa complessiva. Analizzando gli indici in questione, si evince come l’aumento dei prezzi negli ultimi anni abbia riguardato maggiormente una tipologia di beni che rientra nell’insieme chiamato dall’Istat “servizi”, come spese per dentista, assicurazioni, intrattenimento, trasporti aerei, e via dicendo: insomma, un paniere solitamente collegato alle fasce di reddito più abbienti.
Come si vede nella tabella, la variazione di prezzo maggiore si riscontra appunto nel settore “servizi vari” (sanitari, assicurativi) +2,5% e nei servizi culturali e per la cura della persona con un +1,4% rispetto al lieve aumento, pari al +0,6%, sui beni di uso quotidiano. Una dinamica che ha quindi sfavorito le famiglie a medio-alto reddito, poiché la flessione dei prezzi dei beni alimentari non lavorati e dell’energia ha avuto un impatto deflazionistico maggiore sulle famiglie con più bassi livelli di spesa pro capite, per le quali queste tipologie di prodotto pesano maggiormente.
Inflazione e beni voluttuari: il comfort si paga… di più
Andando ad analizzare i dati Istat a disposizione dal 2015, scopriamo appunto che la dinamica dell’aumento dei prezzi ha colpito di più le famiglie a medio-alto reddito. Questo perché, complici la globalizzazione, il libero scambio e le innovazioni tecnologiche, molti beni di prima necessità – o comunque di uso quotidiano – hanno beneficiato di una maggiore concorrenza e quindi di una diminuzione dei prezzi. Basti pensare al settore delle telecomunicazioni, che ha fatto registrate solo nel 2019 una riduzione del 6%.
Un calo che non si ha per i beni cosiddetti “voluttuari” come il divertimento, l’arte, la cura della persona e il lusso, che beneficiano di un aumento dei prezzi pressoché costante negli anni e ben sostenuto. Di conseguenza, l’inflazione pesa in questo caso di più sulle persone con maggior capacità di spesa, che utilizzano soprattutto questo tipo di servizi, destinandovi, secondo l’Istat, ben la metà dei loro consumi.
Ad ognuno la sua inflazione
Sicuramente l’aumento dei prezzi incide negativamente sulla nostra capacità di spesa, e questo è innegabile per qualsiasi persona, da quella che spende di più a quella che si limita a comprare lo stretto necessario. Sta di fatto però che la tendenza a crescere maggiormente nel tempo tipica dei prezzi dei beni “superflui” sicuramente impatta anche coloro che non fanno tanto caso alle proprie spese. E a pensarci bene un aumento di prezzo del 2% annuo – come quello che abbiamo riscontrato per i servizi – può pesare non poco sulle finanze di qualcuno che destina più del 50% del proprio reddito a questo tipo di beni. È bene tenerlo a mente e cercare di difendersi dall’inflazione. Come? Compensandola per esempio con un buon investimento della liquidità in eccesso. Solo così si potrà sfuggire all’aumento dei prezzi e pareggiare la perdita di potere di acquisto che si ha sui beni col passare degli anni.
I contenuti del presente articolo hanno scopo esclusivamente informativo. Pertanto in alcun modo devono essere intesi come consigli finanziari, economici, giuridici, fiscali o di altra natura e nessuna decisione d’investimento o qualsiasi altra decisione deve essere presa unicamente sulla base dei contenuti qui riportati. Allo stesso tempo in nessun modo costituiscono un’offerta al pubblico d’acquisto o vendita di titoli e più in generale di strumenti finanziari e/o attività di sollecitazione all’investimento ai sensi del D.lgs. 24/02/1998, nr°58. Allo stesso tempo, Massimo De Giorgi non si assume alcuna responsabilità in merito alla correttezza, completezza e veridicità delle informazioni fornite. Il presente messaggio non rappresenta in alcun modo una ricerca in materia di investimenti, un servizio di consulenza in materia di investimenti né attività di offerta al pubblico di strumenti finanziari. Eventuali decisioni che ne conseguono sono da ritenersi assunte dal cliente in piena autonomia ed a proprio rischio.