Coraggiosamente il settimanale Plus24 de Il Sole 24 Ore guidato da Gianfranco Ursino ha deciso di pubblicare nella sezione La posta del risparmiatore lo sfogo di un consulente che dieci anni fa ha lasciato la banca per cui lavorava.
“Dovevo spingere i clienti ad acquistare prodotti finanziari della banca stessa se non addirittura propri titoli obbligazionari ancora fuori del mercato, senza particolari attenzioni verso le vere esigenze del risparmiatore” spiega l’ex bancario.
Passato a una rete di vendita, il consulente pensava che il cliente potesse essere al centro del processo. Si sbagliava.
“Le politiche commerciali delle reti di consulenza sono divenute sempre più ambiziose ed aggressive – spiega – E queste politiche sono attuate da una catena di manager responsabili ognuno dei quali è premiato in ragione della convenienza economica per l’organizzazione (e non per il cliente) degli investimenti dei suoi consulenti.”
Il vero problema? Secondo il consulente il meccanismo delle retrocessioni “un fenomeno tutto italiano” volto a “far sì che l’investitore si illudesse che il servizio fosse gratuito” quando chiede un consiglio in banca o al suo consulente.
Il servizio di consulenza offerto da banche e consulenti non è gratuito ma incorporato nel costo dei prodotti e “rigirato” a chi li consiglia attraverso le famose retrocessioni.
“Pensate a un medico che visiti il paziente, gli prescriva delle medicine e si facesse pagare esclusivamente dalle case farmaceutiche. Ci sentiremmo tranquilli?” chiede provocatoriamente il consulente deluso del passaggio dalla banca alla rete di vendita.
Come uscirne? Bisognerebbe secondo il consulente “eliminare il meccanismo delle retrocessioni rendendo così automaticamente esplicite tutte le spese che il risparmiatore deve sostenere. Ne deriverebbe, probabilmente, anche un sano meccanismo di concorrenza tra le varie strutture che ristabilirebbe una relazione molto più corretta e chiara: il cliente che paga in modo diretto ed esplicito il servizio ricevuto”.
Trasparenza, in una parola.