IN BREVE:
Ricordi FaceApp? È l’app che fece furore quasi quattro estati fa (era il luglio del 2019): acquisiva primi piani e ce li restituiva invecchiati di qualche anno. Si scatenò, all’epoca, un “vediamo come sarò” che imperversò per qualche giorno. Quella che vedi qui sopra è la restituzione del “vediamo come sarò” dell’Italia: fotografa, infatti, tendenze destinate a modificare il volto del nostro Paese e a renderlo decisamente più rugoso. In sostanza, ci dice che dal primo gennaio del 1960 al 2021 la quota della popolazione che supera i 65 anni d’età è aumentata dal 9,3% al 23,5%, mentre il tasso di fertilità totale (inteso come numero di figli per donna di età compresa tra i 15 e i 49 anni) dal 1960 al 2020 circa si è letteralmente dimezzato.
Siamo di fronte, insomma, a un invecchiamento della popolazione che continuerà a esercitare una certa pressione sulla spesa per la sanità e per l’assistenza a lungo termine, mentre sull’altra faccia della medaglia leggiamo una riduzione della popolazione in età lavorativa che può finanziare tale spesa. Il che solleva preoccupazioni non di poco conto sulla sostenibilità dei sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine, in Italia e non solo.
Allo stato di “salute” dei sistemi sanitari – concedici il gioco di parole – è dedicato Health at a Glance: Europe 2022, pubblicazione biennale a cura dell’OCSE che presenta una serie di indicatori chiave sui 28 Stati membri dell’Unione Europea, su cinque Paesi candidati e su tre Paesi EFTA.
Cosa ci dice l’edizione 2022?
Ci dice quello che, alla luce dei dati riportati in apertura, possiamo agevolmente aspettarci: e cioè che la spesa per la sanità e per l’assistenza a lungo termine seguirà la traiettoria tracciata dall’aumento dell’aspettativa di vita. Il che solleva appunto più di una preoccupazione, considerato che oltre l’80% della spesa sanitaria nell’UE è finanziata da fonti pubbliche.
Considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, non stupisce il fatto che la spesa per l’assistenza a lungo termine costituisce una quota del PIL in costante aumento in molti Paesi dell’Unione. Come tale, sarà sempre più una voce decisiva per la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.
Il rapporto dell’OCSE richiama l’attenzione, fra le altre cose, sul rafforzamento della resilienza dei sistemi sanitari. Teoricamente, a seguito della pandemia, nell’area dell’Unione Europea il sostegno al settore sanitario dovrebbe aumentare in modo significativo in scia al Next Generation EU, il pacchetto di fondi per la ripresa post Covid da 800 miliardi di euro. L’urgenza, insomma, è chiara a tutti. Resta da vedere quanto sarà efficace la traduzione delle intenzioni dal piano teorico a quello pratico.
COME FUNZIONA IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
Intanto, al momento, l’Italia è uno dei Paesi europei a spendere meno nella sanità, oltre ad aver tagliato, negli anni, le risorse destinate al comparto, anche in scia alla crisi economica 2007-2008. Secondo il rapporto OCSE, la spesa sanitaria pro capitenel nostro Paese ammonta a 2.609 euro, decisamente meno della Germania (4.831 euro), dei Paesi Bassi (4.302 euro) e dell’Austria (4.095 euro) e sotto la media dell’Unione a 27 (3.159 euro).
C’è di buono che, dopo anni di tagli alla sanità, le ultime Leggi di Bilancio hanno segnato un’inversione di tendenza, anche alla luce delle lacune portate a galla dalla pandemia di Covid-19. La Legge di Bilancio 2023, per dire, prevede per il comparto sanità lo stanziamento di circa 2 miliardi di euro per il 2023, inclusi i costi per l’energia. Poi, se tutto va bene, dovrebbero arrivare i soldi del PNRR, il quale però non consente investimenti in assunzioni ma solo in strutture. E proprio questo, invece, è uno dei punti critici.
Secondo il 18esimo Rapporto Sanità del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea) dell’Università di Roma Tor Vergata, presentato a gennaio, per allinearsi al livello di altri Paesi europei di riferimento in Italia mancano all’appello 30mila medici e 250mila infermieri. La soluzione sarebbe offrire loro condizioni economiche più convincenti: e invece i medici italiani guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi europei e gli infermieri il 40% in meno.
OLTRE 1 MILIARDO SPESO DALLE FAMIGLIE SOLO PER I MEDICINALI
Resta il fatto che il Sistema Sanitario Nazionale è sostenuto dai cittadini mediante i versamenti fiscali, che avvengono in proporzione al reddito disponibile e tramite il pagamento di un ticket per le prestazioni sanitarie da parte di chi non ha diritto alle esenzioni. In linea di principio, l’obiettivo è garantire una copertura universale e per la gran parte gratuita, il tutto all’insegna del tandem – non sempre agilissimo – di Stato e Regioni.
Ma sempre secondo il 18esimo Rapporto Crea nel 2021 il finanziamento pubblico si è attestato al 75,6% della spesa contro una media UE dell’82,9%. I soldi, però, da quale parte devono arrivare: e allora ecco che il gap lo coprono le famiglie, sborsando più di 1.700 euro per nucleo, tenuto conto che la spesa privata incide per il 2,3% sul PIL contro una media UE del 2%. In collo alle famiglie italiane finisce oltre un miliardo di spesa per farmaci, per dirne una.
D’altro canto, la spesa sanitaria pubblica dal 2000 al 2021 in Italia è cresciuta del 2,8% medio annuo, il 50% in meno rispetto agli altri Paesi UE di riferimento. Così, nel 2021 il nostro Paese registra una forbice del -38% in confronto ai “vicini di casa”. Per recuperare il passo servirebbe una crescita annua del finanziamento di almeno 10 miliardi di euro per cinque anni. Anche per far fronte alla sempre più grave carenza di medici di base evidenziata dall’OCSE e acuita dalla “fuga di cervelli” verso altri Paesi che, come l’Italia, si trovano a dover gestire un’analoga carenza
LA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA DIVENTA ANCHE UNA QUESTIONE DI SALUTE
Intanto che le autorità di governo, a livello nazionale e sovranazionale, pianificano il da farsi, cosa puoi fare tu per prepararti adeguatamente a una coperta sempre più corta? Pianificare a tua volta, con l’assistenza di una consulenza professionale che tenga conto non solo dei tuoi bisogni attuali ma anche di quelli futuri. Che non vuol dire solo “il viaggio che vorrei fare quando andrò in pensione”, ma anche e soprattutto “la struttura che mi ospiterà e si prenderà cura di me quando sarò molto anziano e non più autosufficiente”.
Se non ci pensa lo Stato dobbiamo farlo noi, tutti. A partire da oggi. C’è di buono che non siamo soli, in questo: come accennato, possiamo fare affidamento – come per mille altre esigenze di accantonamento e investimento presenti e future – alla consulenza finanziaria professionale, che saprà attivarsi e affiancarci anche su questo fronte.
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Fonte AdviseOnly