In America, dove la sanità pubblica è una contraddizione in termini, i dottori al momento di presentare il conto al paziente dicono: “Se non voleva spendere così tanto non doveva ammalarsi”. Simpatici…
Fatto sta che è un consiglio (diciamo) che potrebbe stare bene anche in bocca ai nostri medici, visto che tutti gli italiani che hanno avuto bisogno di cure, esami diagnostici, visite specialistiche e medicine hanno speso, nel 2022, 41 miliardi e 452 milioni, cioè il 3,52% di tutte le spese per consumi.
La maggior parte di questi soldi, 38 miliardi e 774 milioni, li sborsano le famiglie (il resto le aziende o organizzazioni no profit) e questo significa che in media ogni famiglia ha speso 1.534,8 euro. Praticamente 127,9 euro circa al mese: cifra che, per di più, è in crescita. Se nei 10 anni tra 2012 e 2022 i consumi degli italiani sono cresciuti in termini reali, quindi al netto dell’inflazione, solo del 3,13%, a causa della stagnazione degli stipendi, della crescita ridotta e della crisi pandemica, quelli in prestazioni sanitarie pagate da famiglie sono aumentati di ben il 16,35%. Si tratta della tipologia di consumo che ha visto l’incremento maggiore dopo la spesa per telefonini, wi-fi e tutto quello che ci gira intorno, per i quali la spesa è salita del 33,28% in 10 anni. Per avere un termine di paragone basti sapere che, per esempio, la spesa per vestiti e scarpe è invece scesa dello 0,65% e quella per gli alimentari è calata dello 0,76%.
La spesa pubblica sanitaria diminuisce in termini reali
A differenza di quella americana la sanità italiana è però pubblica, ovvero è lo Stato che dovrebbe provvedere a curare i cittadini i quali non dovrebbero tirare fuori un euro di tasca loro, ticket a parte. È così, ma… è sempre meno così. La spesa privata cresce per diversi motivi tra i quali l’invecchiamento della popolazione e una maggiore sensibilità verso la propria salute e la prevenzione. Ma la causa principale è il relativo disimpegno del settore pubblico dalla sanità. Secondo l’Ocse, sempre in termini reali, tra il 2012 e il 2022 l’aumento della spesa sanitaria statale italiana, includendo anche le assicurazioni a contribuzione obbligatoria, è stata del 6,18%, quindi inferiore a quello che ha caratterizzato quella privata.
Consideriamo, però, che questi numeri tengono conto dell’importante aumento della spesa pubblica causata dall’emergenza Covid nel 2020 e 2021 e del fatto che nel 2012 l’Italia era nel pieno della crisi dell’euro, quando anche le uscite per la sanità erano cadute sotto la scure dell’austerità. Se il confronto fosse con un anno precedente e “normale” come il 2007 l’incremento reale sarebbe solo del 3,44% rispetto ad una spesa privata salita nello stesso periodo del 12,5%.
Ma quello che ci interessa di più è il futuro. La Nota di Aggiornamento al Def dell’autunno 2023 ha messo nero su bianco che tra 2022 e 2023 c’è stata una crescita di 3 miliardi e 631 milioni di euro della spesa sanitaria pubblica: più 2,77%, molto meno dell’inflazione media, che è stata del 5,7%. Per il 2024 è addirittura prevista una riduzione in valore nominale, con un calo di 1 miliardo e 788 milioni, ovvero dell’1,33%, il tutto in presenza di un’inflazione ancora positiva. Per il 2025 le stime del Governo vedono un aumento, sempre nominale, del 2,82%, ma la storia delle manovre finanziarie insegna come anno dopo anno le previsioni di spesa vengano regolarmente ridotte. Ma se anche i numeri del governo dovessero essere confermati, comunque, ci sarebbe un aumento di solo il 4,27% tra 2022 e 2025, certamente molto inferiore all’inflazione. Per farla breve: siamo di fronte a una riduzione reale della spesa sanitaria pubblica.
Le modalità della spesa per la salute
Ecco spiegato il motivo per il quale gli italiani pagano di tasca loro le prestazioni delle quali hanno bisogno. Guardando i dati dell’Istat possiamo sapere anche verso quali prodotti e servizi è indirizzata la loro spesa. Negli ultimi 10 anni quella che è cresciuta di più non è stata quella per farmaci o altri prodotti medicali (che pure è aumentata, al netto dell’inflazione, del 10,61%) ma quella per i servizi ambulatoriali, ovvero le visite specialistiche e gli esami di laboratorio con un incremento reale del 27,95%. Insomma, se volessimo indagare quali siano stati i consumi che hanno avuto un vero e proprio boom nell’ultimo decennio non dovremmo guardare ai ristoranti, ai viaggi, alle palestre, ma ai cardiologi o alle risonanze magnetiche. È un boom che tra l’altro si è verificato in un periodo in cui il problema delle liste d’attesa chilometriche negli ospedali pubblici non erano ancora percepite come un’emergenza.
In gergo si dice che gli italiani pagano “out of pocket”. Cosa significa? Letteralmente di tasca propria, si tratta dei pagamenti allo specialista, al laboratorio analisi, alla clinica per ogni singola prestazione. È così che oggi avviene l’88,8% degli esborsi dei privati in Italia, una percentuale che è scesa lentamente rispetto al passato. Come si vede nell’infografica all’inizio sono ancora molto pochi quelli che si affidano ad assicurazioni private, cosa che all’estero è molto più comune: solo l’11,2% della spesa non statale viene destinata a schemi assicurativi aziendali, no profit, o, cosa più frequente, a quelli volontari.
E c’è un aspetto ulteriore che dovrebbe farci pensare che una programmazione delle nostre finanze in funzione della spesa sanitaria sia non solo possibile ma anche necessaria ed è il fatto che (ovviamente) a spendere per la salute sono soprattutto gli anziani. Secondo l’Istat le coppie con la presenza di persone ultrasessantacinquenni destinano il 6% dei propri consumi alla sanità, contro il 2,4% dei single tra i 18 e i 34 anni. In sostanza il costo finanziario di visite e cure mediche sale con gli anni e chi oggi sta lavorando ha il tempo necessario per prendere le misure delle proprie necessità, l’importante è cominciare a pensarci adesso con una pianificazione finanziaria per obiettivi.
Fonte: TrueNumbers.it